Ritratti
THE FASHION DESIGNER (TORINO, 2018)
Sara as Edoardo
La mia scelta è stata indossare i panni di un uomo a me molto vicino, che spesso ho sentito come mescolato a me, alle mie viscere. Per un attimo un’esperienza teatrale, un’interpretazione. Forse… una parte di me nascosta dal pudore.
ALMOST FRIENDS (TORINO, 2018)
Chiara and Roberto
Volevo vestire i panni di un “uomo alfa”. Ho proposto a Roberto di scambiare i suoi abiti con me e di farci ritrarre in una chiesa. A un’atea come me è parsa un’ottima sfida.
THE HUSBAND (SANREMO, 2018)
Pino as Irene
Ho chiesto a Pino, mio marito da qualche mese, di indossare il mio abito da sposa. Un abito, quello della moglie, che mai avrei pensato di indossare. Ma con Pino tutto può accadere. E non mi sorprende che indossi i miei panni meglio di quanto io stessa sappia fare, con semplicità e forza, con innata eleganza e un filo di disperazione.
THE DAUGHTER (TORINO, 2018)
Cristina as Mimmo
Il mio papà lavora in Biblioteca Nazionale. È un uomo calmo e ragionevole. Io spesso sono molto impulsiva e aggressiva. Essere come lui qualche volta mi aiuterebbe a tenermi strette le amicizie e a ragionare lucidamente.
THE BEST FRIEND (TORINO, 2018)
Riccardo as Alessandra
“Sono gli abiti a portare noi, non noi a portare gli abiti” diceva Virginia Woolf. Volevo indossare un abito di Alessandra e Alessandra voleva che indossassi questo abito. Il resto è venuto da sé, con leggerezza e in un processo di liberazione che è uscito dai canoni di bellezza a me e da me imposti.
Mi hanno detto tutt* che sono bello, in queste foto.
Non mi sono mai sentito bello, né in passato né ora; durante il periodo scolastico, gli atti di bullismo che ho subito erano rivolti al mio aspetto fisico, al mio modo di vestire e alla mia timidezza, oltre che alla mia presunta omosessualità (ho fatto coming out a 22 anni come gay e a 28 come bisex) o al fatto che il mio nome assomigliasse alla parola ricchione.
Diversamente dal passato, il mio corpo mi piace, soprattutto nella sua versatilità. Non mi reputo bello, ma mi piaccio. Tuttavia, condivido la definizione di bello relativo a queste foto, che riprende il piacere che provo per il mio corpo e nel percorso di liberazione stesso. In qualche modo mi sono sentito liberato dopo gli scatti di sabato, un po’ come quando faccio un tatuaggio: un esperimento di liberazione del corpo da una serie di paure e di vergogne che si protraggono nel tempo.
Mi sarebbe piaciuto poter scattare qualche foto all’esterno, tra i banchi del mercato, ma non me la sono sentita. Se dovesse capitare di nuovo non mi sottrarrò.