Testo critico di Roberto Mastroianni

Testo critico di Roberto Mastroianni

Sono ormai diversi anni che Irene Pittatore è interessata a esplorare lo spazio e le dinamiche delle norme sociali, attraverso l’elaborazione di performance e artefatti foto/installativi, che pongono al centro il tema della normatività sociale e della sessualità, intesa come dispositivo retorico-narrativo utile al disciplinamento dell’umano e campo di gioco di conflitti tra rappresentazioni dell’identità individuale e collettiva.

In questa prospettiva, quello che interessa all’artista è portare a rappresentazione i “dispositivi onto-antropologici” che istituiscono differenze culturali e sociali, reificandole e presentandole come naturali, inserendoli in un contesto spaziale e relazionale. Da alcuni anni “l’etero-normatività” e lo “spazio normato” sono oggetti privilegiati di questa ricerca artistica, attraverso una pratica relazionale e partecipativa, che è, al contempo, metodo e stile, ricerca e resa performativa, e che è finalizzata ad indagare il nesso tra spazio, disciplinamento corporeo, identità di genere e ruolo sociale. Il presupposto è che le differenze di genere e di pratiche sessuali che la nostra società cerca di normare in aderenza a “programmi di vita buona e giusta”, possano essere messe in rapporto dialettico con l’immaginario erotico, l’inconscio individuale e collettivo e con i modelli veicolati nella società, in modo da svelare tutte le dinamiche che si propongono come “retoriche di verità” prodotte dalle “logiche di potere” – direbbe Michel Foucault – che attraversano e danno forma alla nostra realtà sociale.

Fedele a questi e altri presupposti, Pittatore in apertura dell’evento Sex & Revolution, organizzato da Lovers Film Festival in collaborazione con Fish&Chips Film Festival, condurrà «un’azione minima, un esercizio collettivo di erosione delle convenzioni più o meno trasparenti che confinano le persone entro rigidi parametri e convenienze di genere». La grammatica dell’abito verrà invertita e sovvertita dai performer in modo da diventare specchio della grammatica dell’habitus e interrogare la percezione comune che accompagna il vestire all’enunciazione di un’identità di genere e ai ruoli sociali. Secondo le parole dell’artista, «il progetto prende le mosse dall’osservazione delle forme in cui la norma eterosessuale plasma comportamenti, azioni, gerarchie di genere, modella il linguaggio e gli spazi, definisce ciò che è adeguato, decoroso, conforma rigidi modelli di femminilità e maschilità. L’azione si apre al pubblico come una parentesi, che accenna a una ricerca sull’abito come soglia fondamentale, come “pelle” sociale», come linguaggio che dice e istituisce le differenze, comunicandole e rendendole facilmente esperibili. Insomma l’etero-normatività e la sua dimensione estetica vengono sfidate nel loro valore minimo di costume, aspetto, consuetudine che si fa abito con grazia e raffinatezza.