Testo critico di Nicoletta Daldanise
I confini dell’individualità nello scontro col corpo sociale sono spesso oggetto di modulabile e clandestina negoziazione. Dove finisce il controllo sul proprio corpo e inizia l’imposizione dettata dal codice sociale?
Quanto l’eteronormatività e ogni altra forma di condizionamento legata al modo in cui percorriamo e utilizziamo i luoghi della quotidianità gioca nella nostra autorappresentazione?
Gli abiti sono la prima membrana che frapponiamo tra noi e la collettività e per questo diventano recettori di una serie di aspirazioni, patteggiamenti, desideri e repressioni.
You as me, attraverso i laboratori e ogni occasione di presentazione e mostra, intende mettere a fuoco la carica utopica di questo tessuto narrativo ed esplorarne le potenzialità.
Attraverso lo scambio di vestiti e di punti di vista l’artista ambisce a ricreare uno spazio del possibile, un porto franco dei conflitti sociali, un’area protetta in cui esprimere ogni istanza e avviare ogni tipo di dialogo. Abitare la membrana di qualcun altro offre la sponda per un confronto che attraversa le distanze culturali, geografiche e temporali. I ritratti realizzati in ambienti domestici come in contesti museali, nello spazio pubblico o in luoghi legati alla storia personale dei soggetti abbattono pregiudizi e tessono conversazioni altrimenti impossibili per mancanza di comunicazione o per impossibilità di compresenza tra gli interlocutori.
I partecipanti ai laboratori costruiscono, attraverso il racconto e lo scambio d’abiti, delle piccole comunità temporanee in grado di stabilire nuove ecologie sentimentali.